tagua

Contatto
email
sms:335417511
fax:0270039122

Con il nome indigeno di TAGUA viene indicata una palma la Phytelephas aequatorialis (fam. Arecaceae), che può raggiungere i 20-25 m, con foglie lunghe fino a 6 m. La pianta è dioica. L'infiorescenza maschile è un pennacchio giallo lungo fino a 3 m, con profumo di anice. L'infruttescenza è una struttura globosa, irta di spine, che può pesare da 5 a 20 kg. Il frutto, quando è fresco, è tenero e viene usato dai nativi come si fa con le noci di cocco, di cui ha il sapore. Quando invecchia diventa durissimo, bianco e compatto, del tutto identico all'avorio animale. L'uso tradizionale della TAGUA è la fabbricazione dei bottoni, che risale al secolo scorso, mentre solo da 20 anni circa è cominciata la produzione artistica. Gli ecuadoriani, infatti, sono particolarmente dotati in fatto di arte: hanno per la pittura, scultura e musica un naturale talento. Nella lavorazione dell'avorio vegetale sono coinvolte famiglie e piccole cooperative di artigiani che lavorano con una sega di metallo, una mola smeriglio, un trapano, cartavetro e qualche lima. Il lavoro in comune unisce le famiglie, stimola la cooperazione e rinsalda i vincoli familiari. Le abili mani degli artigiani realizzano una quantità incredibile di monili e di bellissime riproduzioni in miniatura di animali domestici (cani, gatti, maialini, oche, ecc.) ma soprattutto di animali della spettacolare fauna dell'Ecuador (tucani, tapiri, tartarughe, bradipi, scimmie, foche, delfini, rane, gufi, civette, ecc.). Il valore del loro lavoro è ancor più apprezzabile se si considera che i manufatti vengono realizzati a partire da una sostanza vegetale rinnovabile, che non comporta il sacrificio di alcun essere vivente, come purtroppo avviene con l'avorio animale.

 

Chiamata anche "Corozo o Avorio vegetale", la Tagua è un albero della regione umida tropicale e subtropicale dell'Ecuador.
E' considerata una "risorsa sostenibile", cioè che non si esaurisce nonostante il continuo utilizzo.
Questa caratteristica è molto importante perchè permette di evitare la distruzione della foresta ecuadoriana.

Appartiene alla famiglia delle ciclantaee e assomiglia morfologicamente alle palme anche se botanicamente non lo è. Il suo nome scientifico è " Phylitephas Aecuatoriales" macrocarpa o microcarpa a seconda del caso. Nella classificazione filogenetica di Engler adottata nel mondo intero, la Tagua si classifica sistematicamente secondo le seguenti categorie:
Divisione XIII Embriofiti sifonogameti Mocotiledoni
Ordine: ciclantali
Genere: PHYTELEPHAS che proviene dal greco PHYTON = Pianta
ELEPHAS = Avorio, cioè pianta di avorio vegetale.

 

 


 

  La pianta elefante, amica dei pachidermi


 
 
  Pensando agli elefanti, visti più volte nei documentari in televisione, non possiamo non ricordarci della questione cruciale dell'avorio, prezioso materiale ottenuto dalle zanne dei pachidermi. Negli anni scorsi, la ricerca di avorio portò sull'orlo dell'estinzione gli elefanti, soprattutto quelli africani. Il rimedio fu la messa al bando del commercio di questo materiale ed oggi, sebbene casi di bracconaggio e commercio illegale si registrino ancora, le cose sono decisamente migliorate. Gli elefanti odierni vivono nella fascia tropicale dei continenti asiatico e africano. Antichi progenitori vissero anche in Europa, come ci dimostrano i resti fossili di elefanti nani che vivevano nelle isole che successivamente si sarebbero unite a formare la nostra penisola.

Un altro tipo di avorio, di origine vegetale, proviene invece dal continente americano. È quello ricavato dal frutto di una palma, Phytelephas aequatorialis. Il nome del genere significa, non a caso, "Pianta elefante", ma gli indigeni, che non conoscevano gli elefanti, la chiamano "Tagua" o "Yarina". Il sinonimo Phytelephas macrocarpa si riferisce al grosso frutto, il più grande fra le specie del genere. Il genere Phytelephas appartiene alla famiglia delle Arecaceae (monocotiledoni), comprendente tutte le palme, ed è diffuso nella parte occidentale della regione amazzonica, in Ecuador, Perù e Colombia.


L'aspetto di Phytelephas macrocarpa
  Phytelephas macrocarpa ha fusto strisciante e infine brevemente ascendente, portante all'apice un ciuffo di foglie pennate lunghe fino a 6 m. È dioica, ovvero fiori maschili e femminili sono portati da piante separate. Essi sono disposti in infiorescenze, allungate quelle maschili e compatte e globose quelle femminili. Da queste ultime si origineranno infruttescenze composte da drupe (frutti con epicarpo e mesocarpo carnoso e endocarpo legnoso) con diversi semi grandi fino a 5 cm il cui endosperma (tessuto che serve da nutrimento all'embrione) è dapprima liquido, poi gelatinoso ed infine indurisce assumendo consistenza e colore dell'avorio.

Esso viene dunque dapprima bevuto o mangiato (il sapore ricorda quello del cocco), mentre quando è duro viene adoperato come materiale pregiato per farne bottoni o intagliato per creare oggetti artistici come ciondoli, collane, pezzi per scacchiere. L'endosperma è rivestito esternamente da uno strato più scuro, sapientemente sfruttato per creare contrasti con l'interno bianco e lucido.
La fabbricazione di bottoni vide il massimo di attività nel XIX secolo, quando i semi venivano esportati in grossi quantitativi verso Stati Uniti ed Europa. Il declino cominciò quando, verso la metà degli anni '50 dello scorso secolo, le materie vegetali cominciarono ad essere rimpiazzate da quelle sintetiche.
 

In Ecuador, le popolazioni locali sono impiegate nella lavorazione dell'avorio vegetale che, oltre a salvare la "pelle" degli elefanti, costituisce una risorsa economica e rinnovabile. Lo sfruttamento della palma per questo scopo implica la conservazione della foresta in cui tale pianta vive.


Collane ed altri oggetti ottenuti dal tagua
   

Altri "elefanti vegetali"

L'avorio vegetale non è esclusivo del Sud America. Un'altra palma, Hyphaene thebaica, produce frutti con le stesse caratteristiche, usati per fabbricare bottoni. Essa vive in aree secche, quasi desertiche del continente Africano. Ha il fusto caratteristicamente dicotomico, fatto eccezionale nella famiglia delle palme. Il genere Hyphaene comprende una decina di specie, tutte a distribuzione africana. Originario delle isole del pacifico è invece il genere Metroxylon; altri generi di palme oltre a quelli citati comprendono specie che producono semi utilizzati allo stesso modo di quelli di Phytelephas, che tuttavia rimane quello maggiormente utilizzato e più idoneo allo scopo.

Una delle specie del genere Hyphaene
   

I nostri "elefantini"

Nei nostri boschi, specialmente in quelli asciutti, può capitare di imbattersi in una pianta che porta degli strani frutti bianchi, duri e lucidi come l'avorio. Anzi, duri come la pietra, tanto che i botanici le hanno dato il nome di Lithospermum cioè "semi di pietra". Oggi il nome è stato cambiato e sui testi è indicata come Buglossoides purpurocaerulea, pianta erbacea della famiglia delle Boraginaceae. L'epiteto specifico sottolinea una caratteristica di molte specie di questa famiglia, i cui fiori virano dal rosso all'azzurro con l'avanzare della fioritura. I frutti, di dimensioni ridotte (4-5 mm) sono molto duri e per il loro aspetto perlaceo la pianta è comunemente chiamata "erba perla".
 
   
 

Riferimenti bibliografici

 

 

 

Pianta Elefante, Phytelephas macrocarpa. Nella foto un esemplare femminile con le grandi infruttescenze alla base del ciuffo di foglie.
Fonte: http://waynesword.palomar.edu/pljan99.htm

 


 

 

Collane ed altri oggetti ottenuti dal tagua (Phytelephas macrocarpa).
 



 

Il genere Hyphaene ha, caso raro nelle palme, fusto ramificato dicotomicamente. Distribuito nel continente africano, è anch'esso fonte di avorio vegetale.
Fonte: http://www.pacsoa.org.au/palms/Hyphaene

 


 

 


 

WHAT IS TAGUA?
Tagua - pronounced (TAW-QWAH) - is hand carved and polished into miniature animals and figurines with the look and feel of ivory. The average Tagua nut measures between 1 and 2 inches, and in a single year one palm can produce up to 20 pounds of nuts.

Tagua is from a palm like tree which grows to a height of 20 to 30 feet in several tropical regions of South America. Chemically they are pure cellulose and before the nut matures has a milky liquid in the center. When ripe the nuts fall to the ground and are gathered and dried from eight to twelve weeks, after which then become extremely hard. The nut is non toxic and the color varies from white to amber.

The taqua nut is close grain and very hard. The cellular structure and grain is similar to that of elephant ivory, but is more dense and resilient. It resembles the finest ivory in texture and color and is slightly softer than mammal ivory. There are several names for this vegetable ivory nut, but most common is the "Tagua Nut". Its' similarity to elephant ivory has been known by craftsman for years and is frequently passed as elephant ivory on objects fashioned from it and can be very deceptive. It being so much like mammal ivory that pieces carved from it are sold at the same price as elephant ivory and in some carvings much more.

For over two hundred years vegetable ivory has been used by ivory carvers in the making of netsuke's, dice, dominoes, and chess pieces. Other uses found were cane and umbrella handles, pipes, mah-jongg tiles, sewing needle cases and the fine art of scrimshaw. Religious figurines were carved as were many toys. In the late eighteen hundreds up through World War II this ivory nut was used to make some of the finest buttons in the clothing industry.

Ivory carving has flourished for hundreds of years sacrificing elephants, walrus, rhinos and other ivory bearing animals. This is a terrible waste, and has threatened a number of endangered species.

Tagua offers a welcome, moral alternative to ivory trading. Vegetable Ivory is readily available, a harvestable renewable resource, and looks very similar to actual ivory. It offers third world countries a simple alternative to exploiting their natural resources.

 


 

Contatto
email
sms:335417511
fax:0270039122